Intervento su 25 novembre, giornata contro violenza sulle donne
Oggi, 25 novembre 2015, diventa sempre più difficile occuparsi e dedicare una giornata ad un tema specifico. Le tensioni geopolitiche che a livello mondiale stanno facendo preoccupare l’intera umanità ci dovrebbero portare a riflessioni più ampie che non dovrebbero di certo esaurirsi in 30 minuti di interventi di un Consiglio Comunale di un comune di una piccola regione dell’Italia, parte di una Europa sempre più ferita e all’interno di un conflitto che sta prendendo dimensioni praticamente mondiali. Oggi, però, è una giornata davvero particolare –citando Ettore Scola. Pertanto abbiamo deciso, come Presidente del Consiglio assieme a tutti i capigruppo, di onorare questa data con un punto all’ordine del giorno. Le Comunicazioni del Presidente (e di tutto il Consiglio), che userò oggi per la prima volta da quando mi sono insediato, riguardano la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Questa giornata nacque nel 1999, dopo che l’Assemblea ONU scelse questa data in ricordo degli efferati omicidi nel 1960 delle sorelle Mirabal, 3 rivoluzionarie donne dominicane che provarono in ogni modo a contrastare il regime trentennale del dittatore Rafael Leonidas Trujillo.
I dati sono sconvolgenti: inutile e forse anche ridondante ripeterli tutti qui, ma 2 elementi vanno citati. Ad oggi ci sono più di 100 Paesi, nel mondo, che sono privi di una legislazione specifica contro la violenza domestica. L’altro impressionante numero è che, attualmente, più del 70% delle donne nel mondo sono state vittime nel corso della loro vita di violenza fisica o sessuale da parte di uomini.
La violenza sulle donne avviene dappertutto, infatti, anche in Paesi universalmente riconosciuti come avanzati da un punto di vista dei diritti civili, dell’uguaglianza e dell’emancipazione. Penso ai Paesi nordeuropei e in particolar modo a quelli latini, ad esempio, dove ad un elevato livello di cultura e civiltà corrisponde ahimè un numero molto alto di casi di violenza domestica. Il vero problema della violenza di genere, infatti, sta nella cultura possessiva maschile molto presente nella nostra società che porta a considerare la donna come un mero oggetto da allontanare, amare in maniera malata, picchiare. Le donne purtroppo non hanno la capacità di reagire o di denunciare proprio perché sono sole, isolate, non supportate adeguatamente. E’ necessario creare, quindi, standole vicino e affiancandole in ogni passo importante, una cultura forte nelle donne: una cultura che prediliga la prevenzione e l’antiviolenza come cardini della propria azione.
C’è poi un altro grande elemento su cui fondare una vera e propria reazione di massa nei confronti di questa becera violenza: il lavoro. Si dice sempre che il lavoro è dignità, e questa frase per le donne vale ancora di più. La violenza infatti agisce su due lati: il primo è come causa di insuccesso lavorativo. Come disse anni fa Michelle Bachelet, la violenza influisce sui risultati scolastici delle donne, sulle loro capacità di successo al lavoro e quindi nella res publica. Dall’altro lato, è estremamente attuale il tema della discriminazione e dell’accesso al lavoro per le donne. Non è ovviamente un tema di violenza fisica, ma questo argomento si collega a un discorso di ritardi in termini di diritti, legislazione ed uguaglianza. Questi inaccettabili ritardi si ripercuotono nella vita di tutti i giorni, in quanto molte ricerche hanno certificato che laddove il lavoro è sia della donna che dell’uomo nella famiglia i bambini vivono meglio, non solo in termini materiali ma anche di benessere psicologico. Quindi c’è una maggiore sicurezza in tutto l’ambiente familiare. Quell’ambiente familiare spesso lacerato dove si consumano gran parte delle violenze domestiche non dichiarate dalle donne.
Prima di concludere vorrei rivolgermi a noi stessi ma in particolare alle donne elette e nominate: dobbiamo lavorare tutti insieme affinché il concetto di quota rosa non esista più. Le quote rosa sono l’unico strumento –sbagliato- per correggere la discriminazione maschile che avviene quotidianamente contro il genere femminile. Alle donne e agli uomini che ricoprono incarichi di vertice nelle istituzioni spetta invece il compito di risolvere i problemi quotidiani della vita delle donne, primi fra tutti la violenza e le discriminazioni sul posto di lavoro. E ora lascio gli spazi agli altri interventi concludendo con una citazione del premio Nobel per la pace Elie Wiesel:
“Ho giurato di non stare mai in silenzio, in qualunque luogo e in qualunque situazione in cui degli esseri umani siano costretti a subire sofferenze e umiliazioni. Dobbiamo sempre schierarci. La neutralità favorisce l’oppressore, mai la vittima. Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato”.