La proposta di deroga sulla Bolkestein è tardiva, dov’era la politica quando serviva?”
Negli ultimi giorni abbiamo visto un fervente dibattito sulla direttiva Bolkestein e la sua applicazione, relativamente alla questione delle concessioni balneari.
Purtroppo, è triste constatare come per l’ennesima volta non ci sia stata un’unità di intenti da parte di tutte le associazioni di categoria: agli occhi dell’Europa queste divisioni fanno solamente male, e non c’è bisogno di spiegare il perché.
Essendo delegato alle politiche per l’Unione Europea, è bene ragionare sulle diverse proposte che sono state avanzate in questi mesi.
Come avevo già scritto in passato, le strade percorribili sono due, fondamentalmente: la prima, ove si richiederebbe una deroga rispetto alla direttiva; la seconda, dove introdurrebbero criteri “qualitativi” nel bando previsto per il 2015.
La posizione del Governo Monti, seppure ambigua all’inizio, ha poi messo in chiaro che la richiesta di deroga è stata avanzata troppo tardi, e non sarebbe stata nemmeno presa in considerazione dalla burocrazia di Bruxelles. Su questo, vorrei portare un esempio emblematico: nel 2006 la Germania, che a livello comunitario sa “fare squadra” molto meglio di noi, è riuscita ad ottenere la deroga sulla Bolkestein per i mercatini di Natale sul Reno. Per loro era un settore specifico, una peculiarità tutta tedesca da difendere dal libero mercato.
L’Italia, con i politici latitanti in primis, per anni ha fatto finta di niente, probabilmente per una semplice quanto gravissima negligenza che però si potrebbe rivelare fatale, in questo settore.
Pertanto, bene che il ministro Gnudi abbia fatto capire a chiare lettere che non verrà richiesta la deroga per la Bolkestein. Sarebbe stata la soluzione ideale, è vero, però in questo momento è palese che la richiesta verrebbe rigettata: a questo punto, quindi, bisogna lavorare affinché il bando che verrà predisposto per il 2015 preveda alcuni elementi che possano valorizzare la specificità del settore. Per esempio, la questione del risarcimento, che dovrebbe essere previsto in maniera proporzionale agli investimenti effettuati e al valore dell’impresa; un criterio che tenga in considerazione chi svolge il mestiere da anni e valorizzi questo aspetto.
Non alimentiamo il concetto che ciò che fa l’Europa è sempre sbagliato, però: la direttiva Bolkestein è assolutamente giusta, va nella direzione del libero mercato, quello sano. Anche se tiene poco conto del diritto del lavoro, e questo è un retaggio delle politiche iperliberiste degli ultimi anni che andrà combattuto duramente in futuro.
E’ la politica italiana che è mancata in questi anni: Prodi era Presidente della Commissione Europea quando è stata creata la direttiva, ed è stato premier dal 2006 al 2008; Di Pietro, ora esponente di spicco della ribellione delle categorie balneari, è stato deputato europeo dal 1999 al 2006 – la direttiva è stata approvata dal Parlamento quando lui non era europarlamentare, ma la Commissione l’ha presentata nel 2004; il governo Berlusconi, dal 2008, ha considerato le politiche europee come se fossero un accessorio, e non un cardine dell’azione amministrativa.
Per questo, a Bruxelles è bene che vadano i più capaci e i più presenti, a livello di azione politica: se no di Bolkestein ce ne ritroveremo altre cento, nei prossimi anni.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!